Sala 5

Museo

Notizie su tutti i santuari di Akrágas – Agrigentum esposti nella sala; importanza dei culti, soprattutto di quelli ctonii; architettura templare; reperti più importanti

V sala

Il luogo

L’esposizione della sala è interamente riservata ai santuari e si svolge intorno all’ampio spazio della sala VI, dedicata al tempio di Zeus Olimpio.
Nella galleria a sud sono allestite le vetrine con materiali provenienti dai santuari delle divinità ctonie, cui Akrágas era particolarmente devota, tanto che Pindaro nella XII pitica la apostrofa “dimora di Persefone”. Questi santuari si trovavano in diverse aree: uno all'estremità occidentale della collina dei templi, un altro nella località di Sant'Anna oltre le mura, e altri ancora alle pendici della Rupe Atenea, in località San Biagio ed oltre le mura antiche.

L’architettura templare di Akrágas, è caratterizzata da una grande monumentalità e dall’impiego di soluzioni tecniche avanzate. Il tempio di Zeus Olimpio è tra i più imponenti e rappresentativi della città antica, con una struttura poderosa e un’innovativa decorazione esterna con telamoni, colossali figure maschili in pietra che sorreggevano l’architrave, alternandosi alle semicolonne con capitelli dorici. 
Gli edifici sacri dedicati alla divinità ctonie erano spesso caratterizzati dalla presenza nell’area circostante (temenos) di bothroi, fosse per offerte votive, e da altari monumentali, come nel santuario della zona occidentale della collina dei templi o in quello di Demetra presso San Biagio, mentre nella località di Sant'Anna si trovavano probabili strutture connesse al culto ctonio. Frammenti di decorazioni architettoniche testimoniano la ricchezza decorativa dei templi. L’uso della policromia negli elementi decorativi evidenzia l’importanza del colore nell’architettura sacra greca, mentre l’impiego di strutture in pietra calcarea locale, intonacata e dipinta, rivela la capacità degli antichi architetti di adattare le risorse disponibili alle esigenze estetiche e funzionali degli edifici sacri.

Il mito legato alle divinità ctonie è sicuramente uno dei più affascinanti dell’antico patrimonio mitologico greco, profondamente legato al ciclo delle stagioni ed all’abbondanza dei prodotti della terra con cui sfamarsi ed arricchire la dieta alimentare, ma anche all’idea dell’immortalità dell’anima e della vita ultraterrena. Racconta il mito che Persefone, figlia di Demetra, venisse rapita da Ade, il dio degli inferi; Demetra, disperata, va inutilmente in cerca della figlia e, pur essendo dea della terra, nella sua disperazione non si cura più della natura e dei raccolti. Zeus, non potendo permettere che ciò duri nel tempo con il rischio di condurre l’umanità alla carestia ed alla morte, invia Ermes da Ade per persuaderlo a liberare Persefone. Ade obbedisce ma, prima di lasciarla, fa mangiare alla sposa sei chicchi di melagrana, che l’avrebbero costretta a tornare da lui per sei mesi l’anno, nel regno dell’oltretomba. Al ritorno di Persefone sulla terra, la natura, invitata dalla ritrovata felicità di Demetra, si risveglia, le piante rifioriscono e crescono rigogliose e ricche di frutti.Nell’alternanza della dimora di Persefone sulla terra e nel mondo sotterraneo si rivela l’alternanza delle stagioni nel mondo mediterraneo, con la primavera e l’estate ricche di messi, e l’autunno e l’inverno spogli e privi di frutti. Simbolicamente il mito delle due divinità femminili esalta la capacità della natura di risvegliarsi ogni anno dal sonno invernale, e dunque la possibilità di tornare a vivere oltre la morte, ma anche il valore del matrimonio e della fertile riproduzione; è perciò che il culto era seguito essenzialmente da donne (Demetra era anche la dea della fertilità), e la maggior parte dei reperti archeologici sono legati al mondo femminile. Gran parte di essi proviene dalla ricchissima stipe votiva individuata nella zona ad occidente della collina dei templi, dove un santuario di età arcaica con sacelli, altari e bothroi è stato nel tempo monumentalizzato con la costruzione di due templi, di uno dei quali è ancora oggi visibile l’anastilosi dell’angolo nord-occidentale, conosciuto come tempio dei Dioscuri.

Nelle vetrine si susseguono in gran numero maschere fittili votive di divinità femminili con fori nella zona del copricapo, probabilmente per l’inserimento di diademi o corone in metalli preziosi (vv. 42-43), statuette di divinità assise o stanti dal corpo appiattito e a volte con polos sul capo e collane di diversa tipologia sul petto, insieme a quelle di donne offerenti, che recano in dono fiaccole, porcellini, colombe, vasi potori, patere. Un reperto molto particolare è il tubo fittile rituale con una raffigurazione aniconica di divinità, suggerita dalla sola presenza delle orecchie e dei capelli acconciati a delimitare la fronte, su cui è un polos; l’oggetto, inserito nel terreno, doveva servire a comunicare idealmente con il mondo sotterraneo.
Interessante, nelle vetrine 47 e 48, è l’esposizione di matrici fittili dalle varie fogge con, accanto, la loro riproduzione in positivo, realizzata in epoca recente: esse sono testimonianza di una produzione in serie che doveva avere luogo nelle locali officine di coroplasti, alcune delle quali individuate nei pressi della V porta della cinta muraria greca, nelle immediate vicinanze, quindi, del santuario di cui si sta trattando; tra esse si segnalano quelle con la raffigurazione di Medusa e di Eracle con il cinghiale di Erimanto alla presenza di Euristeo, che si intravede, impaurito, all’interno di un pithos (v. 47).
Altri reperti di notevole interesse sono due teste fittili femminili, una di fanciulla con ciocche di capelli ad onde sovrapposte, e un’altra con elmo, sulla quale si notano ancora i segni dei colori usati per decorare la scultura, altro particolare importante per immaginare la policromia usata in antichità. Le vetrine 49 e 52 presentano una grande varietà di oggetti votivi: oltre alle statuette femminili, che ripetono quanto già visto in precedenza, molte sono quelle con raffigurazioni maschili, animali soprattutto volatili ma anche tartarughe leoni bovini, frammenti di vasi a figure nere e rosse, pesi da telaio, lucerne, frammenti di terrecotte architettoniche, oggetti in bronzo: patere ombelicate votive e riproduzioni miniaturistiche di strumenti musicali, quali i tympana, usati durante le processioni sacre in onore delle divinità.
Le vetrine 53 e 55 sono riservate al santuario rupestre presso località San Biagio: sono esposti particolari manufatti costituiti da busti informi che contrastano con teste femminili finemente modellate, a volte con acconciature coronate da elaborati copricapo, oltre ad un frammento di arula con scena di lotta tra animali e a vasi di diverse dimensioni, tra cui spiccano le forme miniaturistiche ed i kernoi, sorta di lucerne a più becchi, tipici del culto delle divinità ctonie ed usati soprattutto durante i riti notturni. 
Nelle due vetrine frontali sono esposti materiali provenienti da diverse aree sacre e riconducibili a manufatti artigianali tipicamente akragantini.
Nella vetrina 56, oltre a frammenti di arule e di decorazioni in terracotta riproducenti il motivo della cariatide o del telamone, numerosi sono i frammenti di bordi di louteria, grandi bacini per le abluzioni rituali sorretti da supporti di varia tipologia e materiale, e decorati a rilievo con motivi ottenuti con un rullo che, passato sull’argilla ancora fresca, proponeva quindi sempre la stessa scena ripetuta. Molti presentano quadrighe in corsa e Nikai separate da colonne doriche, mentre il più caratteristico propone un motivo di danza di comasti, intorno ad un grande vaso, atteggiati nelle pose più varie.
Nella stessa vetrina trovano collocazione anche i materiali provenienti dal santuario extraurbano di Sant’Anna; nella parte bassa sono visibili una base di statua in terracotta di grandi dimensioni ed un pithos di fabbrica indigena che, al momento del ritrovamento, era pieno di pezzi di aes rude e bronzi vari, costituenti un vero e proprio tesoro in fase premonetale. Nelle vetrine 57 e 59, sono presenti molteplici frammenti di terrecotte architettoniche (che costituivano la trabeazione e la copertura con tegole dei tetti di templi ed edifici di varia destinazione), provenienti soprattutto dai santuari di Efesto ed Eracle; essi danno prova, nella loro policromia e varietà di motivi iconografici, dell’esuberanza decorativa degli antichi edifici sacri. 
La galleria a nord espone, nelle sue vetrine, i materiali provenienti dagli altri santuari akragantini. Particolarmente significativi sono i manufatti ritrovati in alcuni pozzetti a nord del tempio di Eracle (vv. 58-60), tra i quali si segnalano una testa di kouros, ed una bellissima arula con la rappresentazione della lotta tra Eracle ed Ares, con ai loro piedi il corpo di Cicno, oltre ad una suggestiva e plasticamente perfetta testa maschile (ph. in alto) e due statuette di Artemide di età ellenistica (v. 60).
Dal santuario di Zeus, un’antefissa di grandi dimensioni con Gorgone (v. 61) ed una serie di balsamari plastici con volto femminile, mentre dall’area sacra del poggetto di San Nicola, su cui insiste l’intera struttura museale, si segnalano frammenti di coppi con testata dipinta e di vasi a figure nere, rosse e di produzione magno greca (v. 64), oltre a diversi frammenti di sculture in marmo e di altri oggetti su cui sono iscrizioni nelle lingue greca e latina (v. 65).

Galleria

V sala

Dove siamo

92100 - Agrigento - Contrada San Nicola

Servizi

Museo archeologico Regionale "Pietro Griffo" di Agrigento

Il museo, inaugurato nel 1967 come Museo Archeologico Nazionale, raccoglie le testimonianze delle antiche civiltà della Sicilia centro-meridionale, dalla preistoria all'alto medioevo.

Responsabile di struttura

Contatti

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Accessibilità e sicurezza

Il percorso è accessibile a persone con disabilità motorie, tramite montascale. E' imminente l'avvio di percorsi fruibili anche da persone con disabilità sensoriali.

Ulteriori informazioni

3470844842

Ultimo aggiornamento

24/06/2025, 12:24

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